27.12.11

cum panis. presentazione a TBM



una piccola mostra, degustazione di pani diversi, e un regalo di buon augurio per il pubblico
appuntamento giovedì 29 dicembre 2011 alle ore 17.00
oppure venerdì 30 dicembre alle ore 20.00
ingresso libero
Teatro Tor Bella Monaca, via Bruno Cirino (angolo viale Duilio Cambellotti), ROMA

8.12.11

"cum panis". Perché dovete chiamarmi compagno, di Mario Rigoni Stern

Cari Compagni,
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Resistenza sempre.

Vostro Mario Rigoni Stern, Mira (Venezia)
20 gennaio 2007

2.12.11

Muffuletta (pane di San Calogero)

Si svolge ogni anno la prima domenica di settembre a Porto Empedocle in provincia di Agrigento la Festa di San Calogero.
La  festa è descritta anche nel primo romanzo di Andrea Camilleri Il corso delle cose, scritto nel 1967 ma pubblicato molti anni dopo.
La tradizione si richiama ad un evento successo pare nel V secolo d. C.
Racconta Camilleri: "Quando San Calogero era vivo, una peste tremenda aveva principiato ad ammazzare a centinaia la gente del paese, che allora era fatta di contadini, e il santo si era fatto in quattro per curare gli ammalati, ma quelli che riusciva a guarire dalla peste morivano lo stesso, deboli com'erano, per mancanza di cose da mangiare. I ricchi e i nobili, infatti, spaventati del contagio, avevano murato porte e finestre basse delle loro case dopo averle stipate di farina e frumento. San Calogero allora aveva avuto una buona pensata: aveva afferrato capre, muli e cavalli, li aveva legati insieme e aveva aperto la sfilata suonando alla disperata un tamburo. Ai ricchi che si affacciavano pigliati di curiosità, domandava di buttare giù dai balconi, in modo che non ci fosse contatto fra lui e quelli, pane e sacchi di farina. I nobili si erano convinti e il santo aveva potuto salvare i suoi malati."
Ancora oggi durante la festa gli abitanti di Porto Empedocle lanciano dai balconi delle abitazioni i caratteristici muffuletta.