27.12.11

cum panis. presentazione a TBM



una piccola mostra, degustazione di pani diversi, e un regalo di buon augurio per il pubblico
appuntamento giovedì 29 dicembre 2011 alle ore 17.00
oppure venerdì 30 dicembre alle ore 20.00
ingresso libero
Teatro Tor Bella Monaca, via Bruno Cirino (angolo viale Duilio Cambellotti), ROMA

8.12.11

"cum panis". Perché dovete chiamarmi compagno, di Mario Rigoni Stern

Cari Compagni,
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Resistenza sempre.

Vostro Mario Rigoni Stern, Mira (Venezia)
20 gennaio 2007

2.12.11

Muffuletta (pane di San Calogero)

Si svolge ogni anno la prima domenica di settembre a Porto Empedocle in provincia di Agrigento la Festa di San Calogero.
La  festa è descritta anche nel primo romanzo di Andrea Camilleri Il corso delle cose, scritto nel 1967 ma pubblicato molti anni dopo.
La tradizione si richiama ad un evento successo pare nel V secolo d. C.
Racconta Camilleri: "Quando San Calogero era vivo, una peste tremenda aveva principiato ad ammazzare a centinaia la gente del paese, che allora era fatta di contadini, e il santo si era fatto in quattro per curare gli ammalati, ma quelli che riusciva a guarire dalla peste morivano lo stesso, deboli com'erano, per mancanza di cose da mangiare. I ricchi e i nobili, infatti, spaventati del contagio, avevano murato porte e finestre basse delle loro case dopo averle stipate di farina e frumento. San Calogero allora aveva avuto una buona pensata: aveva afferrato capre, muli e cavalli, li aveva legati insieme e aveva aperto la sfilata suonando alla disperata un tamburo. Ai ricchi che si affacciavano pigliati di curiosità, domandava di buttare giù dai balconi, in modo che non ci fosse contatto fra lui e quelli, pane e sacchi di farina. I nobili si erano convinti e il santo aveva potuto salvare i suoi malati."
Ancora oggi durante la festa gli abitanti di Porto Empedocle lanciano dai balconi delle abitazioni i caratteristici muffuletta.

29.11.11

Majdda

il pane è fatto da Roberto Spagnol
foto Valeria Osti Guerrazzi



La lettura di  Un filo d'olio mi ha intrigato e mi sono messa a cercare in rete una majdda. Come è fatta? Si usa ancora?
Mi sono imbattuta in Daniele Russo, un artigiano di Giarre (Catania) che costruisce buona parte degli attrezzi tradizionali che tuttora si utilizzano nei forni a legna dei panifici e delle pizzerie. Ad esempio le scope di palma nana per la pulizia del forno, le pale di legno per il pane, i setacci in legno per la farina, i mattarelli, le spianatoie ...
E così ho comprato una maida. In pochi giorni è arrivata.
Daniele mi ha spiegato che il tipo di legno utilizzato (faggio evaporato), lo spessore del legno, e la tecnica di costruzione (sigillatura ed incastro) sono quelle tradizionali per realizzare una maida come una volta e senza difetti.
E' stata unta di olio di oliva e dopo un paio di giorni messa in uso, per fare il pane con lievito madre.
Il lievito ricevuto in dono più di anno fa durante il corso di panificatori urbani organizzato dalla Casa del Cibo di Roma.

foto Valeria Osti Guerrazzi

Daniele Russo lo potete contattare via mail daniele.rus@libero.it, oppure tel. 340.066.47.99
sdt

25.11.11

Fulka (phulka), di Venus Upadhayaya

L'amica Laura Di Nitto ci ha mandato questo racconto sulle fulka (phulka), che sono un tipo di chapati del nord dell'India.

Il sole sorge dal davanzale della finestra. Piccoli frutti ancora acerbi ciondolano sull’albero di mango centenario. Tayi (la moglie dello zio) è seduta accanto alla stufa accesa. E’ lei la cuoca a capo della cucina del grande clan.
Sono le sette del mattino e i bambini di Baddhu, un villaggio in cima ad una collina sulla catena dell’Himalaya, nel distretto del Jammu Kashmir, si sono appena svegliati. Prima di tutti, Tinu e Binu. Binu ha tanta fame. Tutte e due, ancora in pigiama, entrano nella grande cucina dove il fuoco è stato appena acceso dallo zio. Stropicciandosi gli occhi, regalano un bel sorriso di buongiorno alla zia Tayi. Tayi sa che hanno tanta fame, ma non è ancora il momento di gustare le fulka appena cotte con la panna fresca e lo zucchero: Tinu e Binu devono aspettare il loro turno. Adesso è ora di preparare una fulka piccola piccola per la formica, una un po’ più grande per il corvo, poi per il cane ed infine per la mucca.
Tayi comincia sempre la giornata dando da mangiare alla formica, al corvo, al cane e alla mucca. Crede che sia giusto nutrire le altre creature prima di prendere noi del cibo. E’ un modo per offrire il nostro rispetto e la nostra gratitudine alla natura da cui riceviamo nutrimento. E, dopo tutto, è anche un modo per tenere lontane le altre creature dalla cucina!
Binu si accarezza la pancia mentre guarda la tawa, la piastra su cui si cucinano le fulka. C’è una fulka piccola piccola per la formica sulla tawa. Accanto a questa, altre due fulka; una grande come una pallina da ping-pong per il corvo e un’altra un po’ più grande, come le guanciotte di un bimbo, per il cane. Poi è il turno della mucca. La mucca ha una pancia grandissima e per lei ci vuole una fulka grande come una palla per giocare! 
Tayi adesso finalmente ha finito di cucinare le fulka per la formica, il corvo, il cane e la mucca! Binu e Tinu l’accompagnano fuori nell’orto, alla collina della formica. Tayi posa dolcemente la fulka piccola piccola accanto alla collina, poi lancia sul tetto la fulka un po’ più grande per il corvo. Poi si avvia, seguita da Binu e Tinu, verso l’albero di mango, al quale sono legati Lucky, il cane, e Lakshmi, la mucca. Lucky comincia subito ad abbaiare e a scodinzolare quando la vede arrivare…
Dopo aver dato la fulka a Lucky, tutti e tre vanno dalla mucca Lakshmi e arrivano proprio mentre sta allattando il suo vitellino a cui lecca la codina con dolcezza. A Binu pare proprio che quel vitellino somigli a quello che ha visto tante volte accanto a baby Krishna in un vecchio quadro nel tempio di famiglia.
Lakshmi guarda Binu e Tinu avvicinarsi. I suoi grandi occhi brillano di amore materno. Il vitellino continua a succhiare il latte dalla mamma. Binu porge a Lakshmi quell’ultima fulka grande grande. Lakshmi la mangia in un’istante e con la lingua ruvida lecca la manina di Binu e le fa il solletico fino a farla ridere. Anche Tinu ride a crepapelle…heheheh ohohohohoh
Adesso la zia Tayi le manda a lavarsi mani e denti, altrimenti, niente fulka!
E finalmente, ora tocca a loro: fulka ben calde ripiene di panna fresca del latte di Lakshmi e tanto tanto zucchero dolcissimo. Binu e Tinu lo chiamano Pookani (pron. Puknì): rotolino!

Basato sui ricordi della mia infanzia nel villaggio da cui provengo.
Venus Upadhayaya
adattamento Laura Di Nitto


Venus Upadhayaya, Laura Di Nitto © tutti i diritti riservati

17.11.11

La famiata di Rosalia, di Simonetta Agnello Hornby

"Fare il pane era un lavoro di gruppo faticoso, ed era <<cosa>> di donne. Ciascuna madre panificava per il proprio nucleo familiare - a turno e in giorni diversi -, ma tutte le altre, dalle anziane alle bimbe, erano pronte ad aiutare.(...)
Rosalia ci pemetteva di assistere alla famiata a condizione che non disturbassimo. La sera prima andavamo a casa sua per il primo stadio della panificazione. Con fare solenne, prendeva dalla madia una pagnottella di pasta lievitata della settimana precedente, la livatina, che aveva lasciato a seccare. Noi, tutte comprese, la guardavamo togliere con decisione la crosta esterna rivelando all'interno la pasta giallo paglierino e spugnosa, trasformata in lievito; quando ce la faceva annusare, aveva un odore dolce-salato. Poi Rosalia la lavorava in una piccola majdda - un recipiente di legno rettangolare dai lati alti e svasati - dove aveva sparso un po' di farina e uno spruzzo di sale, per far uscire aria e gas; dopo di che, la lasciava riposare. Nel frattempo, versava nella majdda due chili di farina, formandovi al centro una conca; quindi, vi aggiungeva la livatina sciolta nell'acqua tiepida e impastava. Il lievito così ottenuto, 'u crescenti, avrebbe riposato fino al mattino seguente e poi sarebbe stato aggiunto alla farina per il pane della settimana."

Questo è un brano del bel libro UN FILO D'OLIO di Simonetta Agnello Hornby, di recente pubblicato dall'editore Sellerio, e giunto già alla settima edizione.
L'autrice lo definisce in una intervista "una autobiografia delle mie estati in Sicilia fino ai 14 anni, in cui accludo le ricette di mia sorella Chiara, ispirate a quelle di nonna Maria. Un libro dei miei ricordi e delle ricette, di quello che si mangiava allora. Della vita in Sicilia d'estate in una casa di campagna...."
Puoi vedere la video intervista integrale a Simonetta Agnello Hornby cliccando qui

Questo libro mi è piaciuto molto, e ho cominciato a regalarlo.
Consiglio di comprarlo o prenderlo in prestito in biblioteca, leggerlo, regalarlo, ed eventualmente tenerlo in cucina, dove nel preparare le ricette che ci sono si macchierà un po' di olio, pomodoro... e va bene così...
sdt

12.11.11

Challà, pane del Sabato della tradizione ebraica

Silvia Cruciani intreccia la challà.
foto Valeria Osti Guerazzi


"(...) subito un dilemma: usiamo l'impastatrice automatica, o seguiamo la tradizione della nonna impastando a mano e insozzando mani e cucina? Un istinto irrefrenabile porterebbe a optare per questa seconda opzione: la tradizione è tradizione e aborrisce l'innovazione in ogni sua forma, salvo poi a ripensare sui vantaggi indotti dalle diavolerie moderne. (...) Qui adotteremo una soluzione mista, che, come tutti i compromessi ha del bene e del male per ciascuno. Quindi: impastiamo nel robot e poi, quando la pasta ha la consistenza del didò si manipola a lungo manualmente, con grande soddisfazione e poco intruglio. E abbiamo messo d'accordo innovazione e tradizione, come del resto i rabbini insegnano fin dai tempi antichi (secondo la massima <<si prende il bene dovunque si può>>).
Si prende un uovo (preferibilmente fresco), lo si mescola con un cucchiaio di sale, aggiungete un cucchiaio e mezzo di zucchero e tre cucchiai d'olio (extravergine d'oliva). Aggiungete il lievito stemperato in mezzo bicchiere d'acqua tiepida (non bollente sennò uccidete i fermenti e cuocete l'uovo) e farina quanta ne prende.
E quanta ne prende? La quantità esatta è indeterminabile. Solo l'esperienza può dare quella sensibilità al tatto di quando si è raggiunta la consistenza ideale. (...) La pasta deve risultare molle ed aver appena smesso di attaccarsi alle mani. Piacevole da manipolare. (...)
Quando intrecciate siete veramente il tramite della gioia che si fa pane (immaginatevi come un inno di Beethovenche accompagna le portate nel giorno di riposo). Ricordate: la challà è una treccia perché simboleggia il serto nuziale. Ogni giorno rinnovate la gioia di quel giorno nel pane che voi fate. (...) La treccia va fatta su tre cordoli e conclusa con quello centrale sotto i due laterali. (...)
Il pane richiede d'essere d'esser lucidato e spennellato col rosso d'uovo. (...)
Da ultimo: distribuite in maniera uniforme dei semi di papavero (o di sesamo) sulle due trecce, ed infornate....."
Questo brano è tratto dal bel libro di Sandra Di Segni L'EBRAISMO VIEN MANGIANDO, Editrice La Giuntina.
Lì scoprirete perché le challòth sono sempre due...

Silvia Cruciani spennella il rosso d'uovo sulle challòth.
foto Valeria Osti Guerrazzi

8.11.11

cum panis

il pane è fatto da Lorella Taddei
della Caffetteria Marino Marini di Pistoia
foto Valeria Osti Guerrazzi


CUM PANIS
un'idea di Sabina de Tommasi, realizzata dall'Associazione Ersilio M.
un laboratorio per bambini dai 5 anni, accompagnati dai genitori

Pane alimento primario. Essenziale in tutte le culture, in tutte le latitudini, in tutte le religioni.
Pane secco da portare su in alta montagna, oppure nelle lunghe notti sul mare dei pescatori, gallette portate in guerra nel tascapane, pane bianco raffinato e morbido, pane croccante che odora di forno e di legna, pane di plastica finto come il pane del mcdonald, pagnotte grandi e pesanti, panini piccoli piccoli come bocconcini, pane raffermo...
Per un tozzo di pane si fanno le guerre.
Ma un tozzo di pane si divide con gli amici, e i nemici.
Un tozzo di pane nutre, accomuna, rende compari (di scampagnate) e compagni (di vita).
Tante sono le storie e le leggende intorno al pane.
Le racconteremo e le condivideremo dopo aver impastato, nel tempo necessario alla lievitazione.
Perché alla fine ognuno abbia un tozzo di pane caldo.....

bibliografia minima
Simonetta Agnello Hornby  Un filo d'olio, Sellerio editore Palermo
Rossella Barletta e Maria Rosaria De Lumè  Grano & pane salentino, Edizioni del Grifo
Enzo Bianchi  Il pane di ieri, Einaudi
Sandra Di Segni  L'ebraismo vien mangiando, Giuntina
Predrag Matvejević  Pane nostro, Garzanti
Alessandra Meldolesi  Il libro del pane, Ponte alle Grazie
Giusi Quarenghi e Alessandra Mastrangelo  Fame di pane, Slow Food editore

Il laboratorio si terrà al Teatro Tor Bella Monaca di Roma, date da definire.
Conducono Elena Chiattelli, Sabina de Tommasi, Eugenio Spagnol.
Fotografa Valeria Osti Guerrazzi.
Ingresso libero con prenotazione obbligatoria.

E' correlato al laboratorio ORTOVI  ideato da Cassiopea Teatro.

31.10.11

Roan Johnson su Storie minime

"L’altra sera mi hanno invitato al Teatro Biblioteca Quarticciolo a leggere un brano sul lavoro tratto da Prove di Felicità a Roma Est. Il quartiere è a Est del mio quartiere, ad Est della Togliatti, insomma è davvero Roma Est. E’ un quartiere popolare fatto di blocchi quadrati e geometrici di palazzi distanziati a intervalli regolari con grandi giardini o cortili. Uno di quei posti dove con delle lunghe carrellate, passando in motorino o riprendendo con una videocamera, puoi già assaporare la vita che ci scorre. Nel mezzo di questo quartiere c’è il Teatro Biblioteca - uno di quegli esperimenti - dove si mescolano due strutture diverse, in questo caso una Biblioteca e un Teatro. Mutazioni genetiche salutari. Un po’ come i pub-theatre inglesi o il cinema-bistrò Kino al Pigneto. Ne vedremo sempre di più, di questi esperimenti. Noi in questo caso eravamo nell sala del Teatro: ogni lettore leggeva massimo tre minuti di un autore (molto più bravi e importanti di me - Calvino, Pasolini, per dire). Nessuno si annoiava, la gente applaudiva. Erano quasi tutti del quartiere. Avevi l’impressione che quel teatro biblioteca aggregasse davvero le persone che abitavano uno accanto all’altra. Che fosse un momento di condivisione di storie fra gente che in altre parti del paese o della città non bussa alla porta dell’altro neanche per chiedere il sale, se gli è finito. Infatti nell’intervallo fra la prima e la seconda parte della serata ognuno aveva portato qualcosa per cenare e un po’ di vino. Alla faccia di chi dice che con la cultura non si mangia."
Roan Johnson, 2 maggio 2011

8.6.11

Finisce la scuola? Vieni a divertirti con noi!

5 pomeriggi da passare insieme al Teatro Biblioteca Quarticciolo (via Ostuni, 8 - Roma)
Gli incontri sono aperti ai bambini dai 5 ai 10 anni, e ai loro genitori
Ingresso libero, e prenotazione obbligatoria (leggi qui sotto...)
Tutti gli appuntamenti iniziano alle ore 16.30 con la merenda!

domenica 12 giugno 2011
Ruotalibera Teatro presenta lo spettacolo Strega Bistrega, ispirato a Il bambino nel sacco una delle fiabe popolari raccolte da Italo Calvino.
Una strega ostinatamente ignorante, quasi una sopravvissuta di una tradizione streghesca antica e superata. Non sa, o non vuole saperne di più. Una fame atavica la divora. Deve trovare da mangiare...
Seguono quattro appuntamenti tra pagine e fotogrammi, a cura dell’Associazione Ersilio M.
e in collaborazione con la Biblioteca Quarticciolo.

giovedì 16 giugno

C’è libro e libro. Le biblioteche magiche di Nat e Lilli
Letture da Lilli de Libris e la biblioteca magica di Jostein Gaarder e Klaus Hagerup.
Proiezione del film Nat e il segreto di Eleonora di Dominique Monféry.
Nat non immagina certo che la biblioteca della zia Eleonora nasconda un incredibile segreto. Ma quando riceve quell’eredità inaspettata scopre che Alice, Pinocchio, Capitan Uncino e tutti gli eroi dei suoi libri preferiti possono uscire dalle pagine e prendere vita.
Su di loro, però, incombe una terribile maledizione. Solo Nat può salvarli. Comincia così una corsa contro il tempo per aiutare i nuovi amici.


venerdì 17 giugno
Kirikù, Carabà e le fiabe africane
Letture da La falsa nota di Nyambé di Francis Bebey e dalla raccolta di fiabe africane curata da Nelson Mandela.
Proiezione del film Kirikù e la strega Carabà di Michel Ocelot.
Basato su un raccontro tradizionale dell'Africa occidentale, il film racconta di un bambino che combatte e libera il suo villaggio da una strega.







giovedì 23 giugno

L’universo fantastico di Roal Dahl
Letture da Matilde, La fabbrica del cioccolato, Il GGG, Il dito magico di Roal Dahl.
Proiezione del film James e la pesca gigante di Henry Selick.
James è angariato dalle perfide zie Spugna e Stecco, ma all’improvviso un vecchietto comparso in giardino gli promette una vita meravigliosa e gli dona un cartoccio con certi magici cosini verdi dentro, che hanno il potere di far capitare cose favolose a chiunque incontrino per primo….



venerdì 24 giugno
Siamo tutti principi e principesse
Letture dai romanzi di Frances Hodgson Burnett Il giardino segreto, Il piccolo Lord Fauntleroy e La piccola principessa.
Proiezione del film La piccola principessa di Alfonso Cuaron.
Sara Crewe condivide una vita piena di meraviglie nell’esotica India, dove vive con il suo papà. Ma la guerra spinge il padre di Sara nell’esercito e Sara viene spedita in un collegio di New York, amministrato dalla severa signorina Minchin, per la quale l’esuberante Sara è solo una combina guai.
Ma con l’aiuto del coraggio e della fantasia, Sara supera le difficoltà e cambia la sua vita e quella di chi la circonda. Un film dedicato a tutti quelli che credono nei sogni.


prenotazione obbligatoria
per telefono ai numeri 06.98951725/06.45460705, dal martedì al sabato ore 10.00-14.00 15.00-19.00
o via email all’indirizzo promozione@teatrobibliotecaquarticciolo.it 

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6.6.11

Storie minime - Video 2 - L'Aquila


L'Aquila from patrizia chiatti on Vimeo.
immagini Angela Maria Russo, video Massimo Talone
Video realizzato in occasione della serata di lettura condivisa
Storie minime, Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo, 21 aprile 2011

per vedere il filmato con una maggiore definizione CLICCA QUI

6 aprile 2009 ore 3:32, di Angela Maria Russo
Un grave lutto, il caos insieme alla calma, al silenzio, al vuoto.
Mancano voci, mancano ricordi, mancano presenze, mancano affetti.
Perdono importanza fatti e cose che fino a ieri sembravano indispensabili ed essenziali, si torna con la mente  a cercare il significato più profondo dell’esistenza.
Con lo sguardo inquieto, incapace  di fermarsi su un oggetto specifico , si vaga  alla ricerca di qualcuno, di qualcosa che ci faccia ritornare alla vita e ci faccia uscire da questa calma vuota,  per avere di nuovo una speranza.

Musica da L’Aquila Musica per L’Aquila, di Angela Maria Russo
Ho trovato uno spartito.
E’ uno spartito musicale scritto a matita da un musicista, non so se esperto o principiante, non so se è una nuova composizione, oppure no.
Non so neanche la melodia, non ho avuto ancora il coraggio di suonare queste note.
Ma per me  è musica da L’Aquila, è musica per L’Aquila.
L’ho trovato vicino ad una casa distrutta, fuori dalla zona rossa, insieme a detriti e calcinacci.
Accanto a un libro di algebra, ad una chitarra rotta, ad una tastiera,  ad un paio di scarponi da sci.
Ho preso in mano questa pagina e mentre la prendevo provavo quasi vergogna, mi è sembrato di essere una ladra … una  ladra di sogni.
Qualcuno dirà che i sogni  non si possono rubare … forse.
Sono comunque sicura che il proprietario  di questa pagina di musica, dopo il dolore per la catastrofe subita, avrà riacciuffato  il suo sogno che con caparbietà e determinazione cercherà di realizzare per dare un senso alla follia sconvolgente e meravigliosa che chiamiamo vita.
Sono stata a lungo davanti a quegli oggetti e mi chiedo  perché a distanza di 2 anni  sono ancora lì  come se tutto fosse successo ieri.
Dietro ogni oggetto c’è un pensiero, un’emozione,  un ricordo, una vita … per rispetto di tutto ciò quegli oggetti dovevano essere  stati già rimossi da tanto, tanto tempo.

Angela Maria Russo © tutti i diritti riservati
http://unacarrioladidisegni.blogspot.com/

Storie minime - Video 1 - Sciopero


Sciopero from patrizia chiatti on Vimeo.
immagini Floriana Ranieri, Giulia Crocenzi, Valeria Osti Guerazzi
musica Ennio Morricone, video Massimo Talone
Video realizzato in occasione della serata di lettura condivisa
Storie minime, Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo, 21 aprile 2011

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18.5.11

Ospedale Bambino Gesù

Roma 1943. Ospedale Bambino Gesù, reparto ortopedia.
E’ sera, in una grande corsia tanti lettini occupati tutti da bambini. E’ quasi ora di dormire, voi forse non sapete che in quel periodo, quando i bambini venivano ricoverati rimanevano da soli, senza avere la mamma o il papà vicino, che potevano venire nell’ora di visita a trovarli.
La sera i bimbi non è che si addormentavano subito. Questa è una sera come le altre, fino quando ad un tratto si sente una grande esplosione, subito un lampo accecante, una grande vetrata va in frantumi, rumore assordante, buio e pianti di bambini.
Spaventati alcuni invocano la mamma.
Subito arrivano le infermiere, prendono i bimbi piccoli in braccio e corrono quasi al buio, anche se nel frattempo si erano accese le luci blu, messe in opera forse dal gruppo elettrogeno.
Camminando sempre in questa penombra, lungo un corridoio, alla fine spunta anche qualche candela.
Sono in braccio all’infermiera, piangendo chiamo mamma.
Cominciamo a scendere le scale, più scendiamo e più è buio.
Arriviamo in un posto che odora di etere e di muffa.
In terra sul pavimento ci sono coperte stese, con adagiati sopra altri bambini.
Quello era il rifugio nelle cantine del Bambin Gesù.
Sdraiano anche me, ancora pianti.
Le infermiere alcune cercavano di calmarci, altre davano ordini, alla fine devo essermi addormentata perché non ricordo altro.
Questa è la notte tra il 19 e il 20 luglio 1943, il giorno del bombardamento a San Lorenzo, che iniziò la mattina, dopo le dieci.
Questo episodio non lo racconto spesso anche se l’ho molto impresso nella memoria.
Quando mi chiedono quale è la prima cosa che ricordo della mia infanzia , questo episodio mi viene in mente.
Io non avevo ancora 3 anni, li avrei compiuti il 27 ottobre. Questa storia particolare, chissà se è nella memoria di qualche altro bambino che come me si trovava in quella corsia del Bambin Gesù quella notte terribile.
Gregorina Mariani, letto il 21 aprile 2011 a TBQ durante la serata di lettura condivisa Storie minime

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14.5.11

Fratelli d'Italia

Ebbene sì, posso dirlo: c’ero anch’io!
C’ero anch’io 50 anni fa a Torino, a festeggiare il centenario dell’Unità d’Italia.
Italia ’61: ancora qualche anno e, come un ciclone, il ’68 avrebbe cambiato molte cose, ma io, generazione post-bellica allevata a pane e retorica, non lo potevo immaginare!
Torino era la mia città, la più adatta a celebrare una ricorrenza così speciale: a Mazzini, Garibaldi, Cavour, Gioberti erano intitolate importanti vie del centro, l’enorme monumento a Vittorio Emanuele secondo, sul corso omonimo, era visibile da ogni prospettiva e sembrava galleggiare sulle chiome degli alberi.
Nella bellissima sala del Parlamento a palazzo Carignano sembrava ancora di sentir echeggiare il famoso discorso “non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti si leva verso di noi…”
Per rifare il look alla zona, come si direbbe oggi, era stata strategicamente e velocemente abbattuta una bidonville, chissà dov’erano ora i suoi abitanti, ma le cose brutte non si dovevano vedere, guai a pensare che non fosse tutto perfetto, bello.
Belli i padiglioni sul Po, attraversato per l’occasione da una piccola ovovia che, arrivata alla collina, offriva un panorama da cartolina illustrata, bellissime le lussureggianti aiuole fiorite, belle le bandiere che sventolavano da ogni balcone, e infine belli anche i volti di tutti noi, fratelli d’Italia, che ci aggiravamo orgogliosi nella vasta area della mostra, non più donne, uomini, bambini, ma ITALIANI, i migliori, come ci avevano insegnato a scuola, un popolo di artisti, eroi, santi, navigatori…
La seconda strofa del nostro inno nazionale, quella che quasi nessuno conosce, dice: “noi fummo per secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi.” Povero Goffredo Mameli, morto così giovane e così presto, senza poter vedere il suo sogno realizzato, senza sapere nulla dell’eroica spedizione dei Mille, degli affascinanti garibaldini dalle camicie rosse che, a rischio delle loro giovani vite ci avevano dato anche la Sicilia.
Ed era con il cuore pieno di italico orgoglio, senso di appartenenza alle stelle, che tornavo a casa con un’amica dopo aver visitato l’esposizione per l’ennesima volta.
Ma… che cosa c’era scritto su quel cartello bianco, affisso al portoncino di un anonimo palazzo di periferia, sui cui balconcini garrivano al vento le bandiere tricolori?
Cinque parole in stampatello maiuscolo: NON SI AFFITTA AI MERIDIONALI.
Cristiana Minardi, letto il 21 aprile 2011 a TBQ durante la serata di lettura condivisa Storie minime

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12.5.11

SvettaCivetta il 14 maggio al Roma Skill Share 2011

Ispirato al Boston Skill Share, Roma Skill Share 2011 si terrà il 14 e 15 maggio presso il CSA La Torre, via G. Bertero 13.
E’ un evento che punta a condividere abilità ed esperienze, dalle più quotidiane alle più creative, dove ognuno può insegnare ad altri qualcosa della propria esperienza, assolutamente gratis!
Saranno due giorni di laboratori pratici, partecipativi e gratuiti per condividere abilita’ e conoscenze e vivere vite piu’ felici, creative e sostenibili. Tutti i laboratori avverranno attraverso l’apprendimento partecipativo, senza cioè distinzioni tra maestri e allievi, condividendo insieme una pratica.
Roma Skill Share e’ organizzato da un gruppo aperto ed in continua trasformazione. Individui singoli e realtà organizzate che operano sul territorio, come L38 Squat, La Citta’ dell’ Utopia, BugsLab, Primavera Romana, CSA La Torre, Ateneo Occupato, Rete Ciclofficine Popolari Romane, Officina Culturale Via Libera
Sabato 14 maggio alle ore 11.00 laboratorio di giochi di parole SvettaCivetta.
Per un numero massimo di venti bambini dai 5 ai 10 anni, accompagnati dai genitori. Si gioca tutti insieme.
L’ingresso è libero e non ci sono pre-iscrizioni, basta presentarsi il giorno stesso.
Consulta QUI tutto il programma dei laboratori

10.5.11

Sotto i cieli di Roma

Piazza Esedra otto e mezza del mattino siamo l'Onda in rivolta.
Centinaia di studenti delle scuole superiori romane si affollano attendendo la partenza del corteo.
Per molti di noi è il primo corteo della nostra vita, la nostra prima iniziativa impegnata.
Ogni scuola intona uno slogan, uno diverso.
Mi ritrovo schiacciato come una sardina.
Andiamo urlando la nostra ira, la nostra opinione, la nostra speranza al cielo di Roma.
Siamo in tanti, veniamo da ambienti diversi tutti (o quasi ), con un obbiettivo in comune.
Uno slogan dice : “né rossi, né neri, ma liberi pensieri”.
Non ci sono politici, né sigle sindacali, né bandiere, ci siamo solo noi studenti liceali.
Percorriamo via Cavour tra l'euforia di stare tutti insieme e l'angoscia per un futuro che si prospetta duro.
Non siamo facinorosi, come ci chiamano quelli del governo.
Non siamo bamboccioni, siamo ragazzi che studiano, si impegnano, siamo una risorsa per il nostro paese.
Dai cornicioni di qualche balcone la gente si affaccia giù, la chiamiamo a partecipare, la nostra rabbia euforica contagia.
Non abbiamo una forma precisa, siamo una massa distorta, ma siamo.
Esistiamo.
Ragioniamo con i nostri liberi pensieri, ergo siamo.
Ci staranno togliendo tutto ma non demordiamo, non ci pieghiamo, non ci spezziamo.
Resistiamo.
Siamo una forza in continua espansione.
Arriva mercoledì 29 ottobre, la rissa.
Ragazzi di Blocco studentesco attaccano ragazzi dei centri sociali.
E come al solito la violenza cancella la realtà.
Lo scontro sminuisce la nostra protesta, la nostra angoscia, la nostra paura.
Il giorno dopo ci attende la manifestazione del 30, quella della Cgil.
Sfiliamo per le piazze pacifici e incazzati.
Dal giorno prima la riforma Gelmini è legge.
Ci hanno distrutto la scuola.
Ci hanno rubato il futuro.
Ci hanno privato di risorse.
E l'Onda cade sotto il peso dell'angoscia e della disperazione.
E l' Onda muore schiacciata da una cupa realtà che aleggia come un avvoltoio sopra le nostre teste schiacciate dalla riforma.
Ma nonostante tutto noi non ci arrendiamo.
Perché noi crediamo. 
Davide Santoro, letto il 21 aprile 2011 a TBQ durante la serata di lettura condivisa Storie minime

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5.5.11

Lo Sciabecco

16/04/2011.
Bar dello sciabecco, Piazza delle Camelie, Centocelle.
Un piccione vola via spaventato da una macchina.
Sembra proprio uno di quelli con cui giocavo io da piccola sulla terrazza del palazzo di nonno Guido e nonna Luigia.
Alzo gli occhi, c’è una targa: “Ai martiri della libertà trucidati dall’oppressore nazi-fascista a perenne ricordo pose il nome il popolo di centocelle il 14 /04/1946”.

Marzo 1944.
Dopo via Rasella, quel giorno nonno si trovava lì da Angelino allo Sciabecco a giocare a biliardo, mi racconta ancora oggi impaurito come quel piccione, che i nazi-fascisti fecero irruzione nel locale. Tutti cercarono di nascondersi tra gli scaffali, sotto il biliardo per proteggersi dai nazi-fascisti. Qualcuno osò persino tirargli le palle da biliardo per aprirsi un varco e mandarli via.
Invece quelli, fecero la conta di chi doveva essere portato via, o per essere deportato, interrogato o peggio; per essere ucciso. A mio nonno stamparono un bel no sulla faccia. Non era un sovversivo.
Fuggì, volò via, impaurito come quel piccione, arrivò a casa e si nascose per giorni. Era in preda ad una crisi, ricordava che suo padre anni prima, aveva perso il lavoro perché si era rifiutato di aderire al partito fascista, in nome della sua libertà - “quelli te la fanno pagare, non la passi liscia!” - diceva
Oggi ho accompagnato nonno a fare la spesa, e tra una chiacchiera e un’altra tra gli scaffali del supermercato, ha fatto scorta di tutto.
Continua a farlo sempre, come se ancora fosse in tempo di guerra.
Alla cassa, scherzando con la cassiera che ormai lo conosce e lo chiama nonno Guido anche lei, lui sull'attenti davanti al carrello della spesa gli fa: - In nome della libertà, della mia libertà e della vostra, io dico oggi che la pace è una cosa meravigliosa.
Liliana Manetti, letto il 21 aprile 2011 a TBQ durante la serata di lettura condivisa Storie minime

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1.5.11

Le nostre storie minime da ascoltare


Grazie alla collaborazione con gli amici di Fusolab e Fusoradio - che hanno anche curato la diretta della serata di lettura condivisa Storie minime - è ora possibile ascoltare i vari brani letti il 21 aprile scorso a TBQ, e scaricarli tutti in formato mp3.
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Grazie a tutti

28.4.11

Associazione della Stecca

Nel 1946 a Enna alcuni ragazzi appassionati di biliardo, si incontrano a via Sant'Agata per giocare... e per parlare.
Hanno tra i 20 e i 25 anni. Alcuni sono già laureati, altri sono in procinto di farlo.
Le animate discussioni iniziate al biliardo proseguono su e giù per via Roma, anche quando le attività chiudono, anche quando la città dorme.
Parlano del loro futuro e discutono soprattutto se rimanere in Sicilia o andare in Continente.
I loro primi 20 anni sono stati il Ventennio, ora hanno una vita davanti e un paese da ricostruire.
Dopo tanto camminare, dopo tanto parlare, il 22 ottobre del '46 fondano l'Associazione della Stecca.
Questo il loro statuto:
Art. 1 - E' costituita in Enna l'Ass. della "Stecca" con la finalità di raccogliere nel suo seno tutti i giovani che aspirano ad andarsene definitivamente da Enna.
Art. 2 - L'associazione è apolitica, agnostica, astemia.
Art. 3 - Essa ha in dotazione una Stecca da biliardo che verrà, all'atto della costituzione, intaccata in tante parti quanti sono gli iscritti. A ciascun iscritto partente verrà consegnata una parte della stecca che in tal modo andrà via via consumandosi.
Art. 4 - Il primo Presidente viene eletto per votazione segreta tra i soci. Egli rimane in carica sino alla partenza del primo socio. In tal caso, se il partente è persona diversa dal Presidente, egli deve rassegnare le sue dimissioni in favore del partente. Il neo-Presidente partente elegge il suo successore, cedendo a questi la stecca.
Art. 5 - In caso di ritorno definitivo in Enna, il socio è tenuto a restituire il pezzettino di stecca ed a versare alla cassa dell'Associazione la somma di lire 500.=
Art. 6 - I soci verseranno, all'atto della iscrizione, una quota sociale di lire 10.= che sarà devoluta al primo partente, pro spese di facchinaggio. Il versamento della quota dovrà ripetersi ad ogni successiva partenza.
Art. 7 - Il Segretario, Amministratore, Depositario, Usciere, Fattorino viene nominato dal 1° Presidente e dai suoi successori nella persona del socio, che per la sua possibilità di rimanere eternamente ad Enna, offre maggiore garanzia ed affidamento.

I soci si impegnano di ricostruire la stecca nella notte di S. Silvestro 1949 (millenovecentoquarantanove) a Roma. L'appuntamento resta sin d'ora fissato per le ore ventiquattro di detto giorno nei locali del Bar Esedra.
I soci sono: S. M., U. D., S. D. C., P. F., G. T. e A. D. T. mio padre.
Sabina de Tommasi, letto il 21 aprile 2011 a TBQ durante la serata di lettura condivisa Storie minime

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25.4.11

Storie minime: abbiamo letto....

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli
Giannina Milli, Ciò che amo
Simone Sperduto, Alla Luce perché splenda
Franca Magnani, Una famiglia italiana, Feltrinelli
Norma Coccia, Lettere ad un soldato
Gregorina Mariani, Ospedale Bambino Gesù
Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito, Donzelli
Liliana Manetti, Lo Sciabecco
Bianca Fo Garambois, La ringhiera dei miei vent’anni, Einaudi
Lina Merlin e Carla Barberis, Cara senatrice Merlin… Lettere dalle case chiuse, Ega ed.
Cristiana Minardi, Fratelli d’Italia
Sandra Di Segni, Una giornata particolare
Angela Maria Russo, 6 aprile 2009 ore 3:32 e Musica da L’Aquila Musica per L’Aquila
Pasquale Festa Campanile, La Nonna Sabella
Mario Calabresi, La fortuna non esiste, Mondadori
Sabina de Tommasi, Associazione della Stecca
Ugo Pirro, Osteria dei pittori, Sellerio
Adele Grisendi, Il bucato con la cenere in Bellezze in bicicletta, Sperling & Kupfer
Barbara Della Polla, La bambina rossa va in vacanza
Bruno Cecchini, Morte di un Poeta discusso
Pier Paolo Pasolini, Alla Nazione
Paolo Rumiz, La leggenda del monti naviganti, Feltrinelli
Stefania Fabri, Breve notte e Situazione a Villadivallelonga ripensata in Mai Blu, ed. Lulu.com
Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli, Adelphi
Paola Tinchitella, Scrivilo sui muri
Melania Mazzucco, Vita, Rizzoli
Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene
Italo Calvino, Marcovaldo, Mondadori
Marisa Valentini, Teresita a Bologna
Erri De Luca, Materia scritta in Alzaia, Feltrinelli
Roan Johnson, Prove di felicità a Roma Est, Einaudi
Mario Lodi, Il paese sbagliato, Einaudi
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina
Mila Spicola, La parola ai maestri. Lettera a don Lorenzo Milani in La scuola s’è rotta, Einaudi
Emilio Pugno e Sergio Garavini, Gli anni duri alla Fiat, Einaudi
Romano Meuti, Lo sciopero
Davide Santoro, Sotto i cieli di Roma
Mario Martone e Giancarlo De Cataldo, Noi credevamo, Bompiani
Piera Degli Esposti e Dacia Maraini, Storia di Piera, Rizzoli
Associazione Franco Basaglia, Fenu Giovanni in Padiglioni
Associazione Franco Basaglia, Ledi Barbara in Padiglioni
Igiaba Scego, La mia casa è dove sono, Rizzoli
Carlotta Mismetti Capua, Come due stelle nel mare, Piemme
Amara Lakhous, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, edizioni e/o
Maria Teresa Raffaele, Giallo e Anima nera
Romano Meuti, Le Olimpiadi del Prato
Ferdinando Vaselli, Agostino

17.4.11

Il 21 aprile a Roma quaranta lettori danno voce alle Storie minime...

Storia minima, o storia massima, storia dei popoli e delle civiltà, storia dei libri, delle scuole, Storia con la esse maiuscola? No, storia personale che possa collegarsi all’altra, richiamarla come un’eco, un riflesso, il frammento di uno specchio, storia personale ma comune a tante altre persone che vivevano allora nella tua città, forse nel mondo intero in luoghi simili ai tuoi, avevano la tua stessa età.
Storia paradigmatica, esemplare, singolare ma dai piccoli tratti rievocanti, chissà per quale gioco astruso di rimandi ed effetti e ritorni e influenze, quelli di un più importante episodio che fa la storia di un’epoca.
Storia personale che, suo malgrado o per volontà ed intuito, ti ha reso partecipe, minuscolo anello della folla, della piazza, ingranaggio inconsapevole di una pagina che tesseva un discorso, una logica, un’evoluzione …....
Romano Meuti





Teatro Biblioteca Quarticciolo

via Ostuni, 8
dalle ore 19.00
ingresso libero
e in diretta sulla radio web Fusoradio.net

15.4.11

L'arte di mangiar bene (incipit 46)

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. Manuale pratico per famiglie, compilato da Pellegrino Artusi. Pubblicato per la prima volta nel 1891. Ora in edizione Rizzoli, Giunti, Einaudi.

La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento o cantate vittoria.
Diffidate dei libri che trattano di quest'arte; sono la maggior parte fallaci o incomprensibili, specialmente quelli italiani; meno peggio i francesi: al più al più, tanto dagli uni che dagli altri, potrete attingere qualche nozione utile quando l'arte la conoscete.
Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco da baldacchino non credo sia necessario, per riuscire, di nascere con una cazzaruola in capo; basta la passione, molta attenzione e l'avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, ché questa vi farà figurare.

Qui puoi scaricare una copia del libro in formato .pdf oppure .rtf

14.4.11

La ragazza della palude (incipit 45)

foto Archivio del
Consorzio di Bonifica
dell'Agro Pontino
La ragazza della palude di Massimiliano Santini, pubblicato nel 2009 da Psiche e Aurora editore.

Mangiavano in silenzio, lentamente. Le scodelle piene di zuppa si svuotavano adagio.
<<Non possiamo più andare avanti!>>
Giovanni, uno dei figli del patriarca, aveva poggiato con rabbia il cucchiaio sulla tavola e guardava fisso il padre.
Bartolo Masiera, seduto a capotavola, alzò appena la testa.
<<Cosa c'è? Non ti piace la zuppa? Mangiala e zitto. Ringrazia Dio di avere da mangiare!>>

13.4.11

Lettera aperta degli allievi di Don Lorenzo Milani al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano

foto Oliviero Toscani
Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti di quell'unità nazionale che lei rappresenta.

Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benchè nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra gli addetti ai lavori.

Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.

Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.

In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.

Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.

Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni.

Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico: questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche lei.

Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali saluti
Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido Carotti, Mileno Fabbiani,Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo Martinelli, Aldo Bozzolini


11 aprile 2011

La X edizione della Marcia di Barbiana si terrà il 22 maggio 2011

12.4.11

Cara senatrice Merlin... (incipit 44)

Cara senatrice Merlin... Lettere dalle case chiuse, a cura di Lina Merlin e Carla Barberis. Edizioni Avanti! 1955. Ora EGA Edizioni Gruppo Abele.

B., 27 Gennaio 1951
Signora Deputatessa Merlin
Io ò saputo dalle mie compagne della legge che fà per noi prostitute. Io non me ne intendo; sono una povera donna che faceva la serva e sono delle campagne di C. e vorrei tornarci a fare la serva o la contadina non questo mestiere che mi fà schifo. Ero a M. e M. mi faceva terrore e io uscivo poco, avevo paura dei trammi e delle macchine, ma un giorno uscivo e incontrai uno che mi si mise dietro a camminare dietro. I miei padroni tutte le sere facevano cene, ballavano e poi si baciavano e anche con le mani non stavano fermi bene e io pensai che fare all'amore non era peccato e mi ci misi con un giovanotto che non parlava come noi di C. Ma un giorno mi portò nella sua camera perché disse <<ò male allo stomaco>>. Ma altroché male, lui mi prese e mi cosò anche mentre io piangevo e dissi <<ò paura ò paura>>. Poi non mi à sposato e mi à fatto fare il figliolo. Io sono prostituta perché i padroni non mi rivolevano e loro erano come me e pegio e si facevano sempre cornuti fra elli.

11.4.11

Il giardino dei Finzi-Contini (incipit 43)

Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, pubblicato da Einaudi nel 1962.

Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini - di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga - e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d'Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l'ultima guerra. Ma la spinta, l'impulso a farlo veramente, l'ebbi soltanto un anno fa, una domenica d'aprile del 1957.

10.4.11

Le ceneri di Gramsci (incipit 42)

Le ceneri di Gramsci di Pier Paolo Pasolini, raccolta di poesie pubblicata da Garzanti nel 1957.

Non è di maggio questa impura aria
che il buio giardino straniero
fa ancora più buio, o l'abbaglia

con cieche schiarite... questo cielo
di bave sopra gli attici giallini
che in semicerchi immensi fanno velo

Questo poemetto è stato musicato da Giovanna Marini nel 2005, in occasione del trentennale della morte di Pasolini.
Oratorio a più voci, dal canto di tradizione orale al madrigale d'autore
Coro Arcanto, diretto da Giovanna Giovannini

clicca qui per ascoltare un brano

9.4.11

Maria Montessori, una storia attuale (incipit 41)

disegno M. A. Valdivia
Maria Montessori, una storia attuale di Grazia Honegger Fresco. Pubblicato nel 2007 da l'ancora del mediterraneo edizioni.

Il 1870 è un anno di forti cambiamenti in tutto il mondo: in Europa infuria la guerra franco-prussiana che porterà alla destituzione di Napoleone III e al ritorno in Francia della repubblica; in Austria e in Inghilterra si approvano leggi per la laicizzazione dello stato, nel primo caso con l'introduzione del matrimonio civile, nel secondo con la nascita delle scuole comunali in cui è vietata qualsiasi istruzione religiosa; negli Stati Uniti il Congresso approva il XV emendamento in base al quale il diritto di voto non può essere vietato per motivi di razza o di colore della pelle. Per quanto riguarda il nostro paese, le truppe italiane entrano a Roma attraverso la breccia di Porta Pia ponendo fine al regno papale. Pio IX, l'ultimo papa-re, non oppone resistenza militare: lascia il Quirinale e si rifugia, non senza toni minacciosi, in Vaticano. Il 2 ottobre, con un plebiscito, la città è dichiarata capitale.

8.4.11

Le leggenda dei monti naviganti (incipit 40)

La leggenda dei monti naviganti di Paolo Rumiz, pubblicato da Feltrinelli nel 2008.

Questo libro racconta la più lunga traversata italiana: ottomila chilometri, la stessa distanza che c'è dall'Atlantico alla Cina. Spiega in dettaglio cosa succede dentro l'Arca, la montagna di casa nostra, metaforica zattera con a bordo una ciurma di piccoli grandi eroi della resistenza dei territori. Ero partito per fuggire dal mondo, e invece ho finito per trovare un mondo: a sorpresa il viaggio è diventato epifania di un'Italia vitale e segreta. Ne ho scritto con rabbia e meraviglia. Meraviglia per la bellezza fiabesca del paesaggio umano e naturale; rabbia per il potere che lo ignora.

6.4.11

2 anni fa



Non ridevo, no... nonostante fossi a Teramo, lontano dall'epicentro. La scossa l'ho sentita e dopo quella, ne ho sentite delle altre... un movimento oscillatorio e ondulatorio che mi scuote ancora adesso, dopo 2 anni dal sisma.
Tutto cancellato, tutto distrutto ...e tutto ancora non ri-costruito.
Di quella casa è rimasta solo la mia stanza, passata a mia sorella... ed è rimasta solo perché qualche anno prima ho chiamato i vigili del fuoco, spinta all'ansia e dal terremoto di San Giuliano...
La vera calamità è l'incuria umana, l'arrivismo, il tarlo del denaro.
Non mi pento di aver fatto rifare il pavimento al padrone di casa, di non essermi fermata al primo no, quando ho chiesto l'esame della statica della casa al Comune, in una zona sismica come L'Aquila, perchè io ho ancora mia sorella e non devo piangerla, lei è ancora con me, com'è giusto che sia...
Uno sguardo verso il cielo agli amici che non ci sono più, alle persone mai conosciute, strappati alla vita senza colpa e senza giustizia.
Una candela accesa per loro e per noi, per vedere meglio quali sono i nostri bisogni, i nostri diritti, la nostra dignità...
Alle 3:32 io non ridevo e non rido tuttora, ma piango e tremo.
Mariangela Celi

Quelli che però è lo stesso (incipit 39)

copertina
Onze
Quelli che però è lo stesso di Silvia Dai Prà, pubblicato da Laterza editori nel 2011.

Sono finita qui a mondare i peccati del mio fallimento. Diploma con sessanta sessantesimi, laurea con centodieci e lode, dottorato di ricerca con borsa vinto a venticinque anni, un anno di studio a Copenhagen, un anno a Parigi, due lingue straniere scritte e parlate, diverse pubblicazioni - e il risultato è stata la mia prima convocazione in provveditorato, una mattina in cui settembre spargeva su Roma una luce ancora estiva, straziante: cinque ore di grida, crisi isteriche, ipotetici complotti, telefonate ai carabinieri e ai sindacati da parte di una massa di precarie pericolosamente vicine alla menopausa, e il ritorno verso la metropolitana con in mano il documento che attesta il mio primo incarico annuale come professoressa, mestiere che sia mia nonna che mia madre erano riuscite a fare con una semplice laurea sul curriculum, dei figli in arrivo, e, attorno, un mondo che considerava quel mestiere già un successo, per una donna.

5.4.11

Il resto è silenzio (incipit 38)

Il resto è silenzio di Chiara Ingrao, pubblicato nel 2007 da Baldini Castoldi Dalai editore.

Beati quelli la cui vita ignora
sapor di pianto. Ché, se ad altri invece
sussulta e trema
sotto la mano d'un iddio la casa...


<<Ma perché te la sei presa in casa? Ma ti rendi conto di cosa vuol dire, una cosa così?>>
Un brandello di conversazione fra tanti, ululato nella finta privacy del cellulare e rimbalzato da schiena a schiena, da nuca a nuca, nel fitto dell'autobus. Di quelli a cui siamo abituati tutti, e nessuno ci fa caso. Solo io. Io che sento una morsa allo stomaco, e sobbalzo. Io che perdo l'equilibrio. Mi gira la testa, e barcollo.

4.4.11

Prove di felicità a Roma Est (incipit 37)

foto Gamma/Contrasto
Prove di felicità a Roma Est di Roan Johnson, pubblicato da Einaudi nel 2010.

I primi giorni di lavoro Samia non l'avevo neanche vista: io aspettavo gli ordini ai forni e lei serviva nella sala della pizzeria, e quando chiudevamo montava sullo scooter dietro Marchino senza guardare nessuno, vestita con dei golfini slargati che le arrivavano fino alle cosce e le coprivano i fianchi.

3.4.11

Il lupo mercante (incipit 36)

foto R. S. Kleboe
Il lupo mercante di Clara Sereni, pubblicato da Rizzoli nel 2007.

C'è un ronzio forte, nell'angolo dove il glicine intreccia uno sopra l'altro i suoi rami. I grappoli di fiori stanno già appassendo, ma il nettare è ancora lì, zuccherino.
Le bambine scelgono con attenzione i fiori ancora integri, ne succhiano occhi chiusi il dolce: appena una punta sulla lingua.
I maschi sono presi da loro giochi, di lotta. Con le guance arrossate, caracollano attorno al gruppo delle femmine, non sopportandone la concentrazione.

2.4.11

Il mare non bagna Napoli (incipit 35)

Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese, pubblicato da Einaudi nel 1953. Ora in edizione Adelphi.

<<Ce sta 'o sole... 'o sole!>> canticchiò, quasi sulla soglia del basso, la voce di Peppino Quaglia. <<Lascia fa' a Dio>> rispose dall'interno, umile e vagamente allegra, quella di sua moglie Rosa, che gemeva a letto con i dolori artritici, complicati da una malattia di cuore, e soggiunse, rivolta a sua cognata che si trovava nel gabinetto: <<Sapete che faccio, Nunziata? Più tardi mi alzo e levo i panni dall'acqua>>.
<<Fate come volete, per me è una vera pazzia>>, disse dal bugigattolo la voce asciutta e triste di Nunziata  <<con i dolori che tenete, un giorno di letto in più non vi farebbe male!>>. Un silenzio. <<Dobbiamo mettere dell'altro veleno, mi sono trovato uno scarrafone nella manica, stamattina>>.

1.4.11

Archeologia del presente (incipit 34)

Archeologia del presente di Sebastiano Vassalli, pubblicato da Einaudi nel 2001.

Ho conosciuto Leo e Michela nell'ottobre del 1970, nell'Istituto tecnico industriale <<G. Marconi>> di * * *. Non ricordo in quali circostanze avvenne il nostro primo incontro, e non ricordo nemmeno cosa ci dicemmo. Sicuramente, niente di memorabile. Eravamo tre giovani appena usciti dall'Università, alle prese con la nostra prima esperienza di lavoro: quella, appunto, di insegnanti precari nella scuola pubblica. Leo, laureato in filosofia, era un ragazzone lungo e magro, con la sua barba scura e gli occhiali rotondi di metallo che lo facevano assomigliare a un uccello notturno. Indossava delle giacchette di velluto da filosofo esistenzialista così striminzite che non riusciva nemmeno ad abbottonarle, e delle camicie a fiori che portava aperte sul collo e che soltanto lui (credo) sapeva dove si vendevano.

31.3.11

Gli ultimi giorni di Magliano (incipit 33)

Gli ultimi giorni di Magliano di Mario Tobino, pubblicato nel 1982 da Mondadori.

Non mi ricordo bene, doveva essere circa un trenta mesi fa. Tornavo dalla passeggiata che dal Francese riporta al manicomio. Mi ero soffermato dal portiere per quattro chiacchiere e avevo ripreso la leggera salita del viale. Fu alla curva davanti a quel paesaggio tante volte contemplato: discende un valloncello e poi c'è una collina che monta e che ha sulla cresta, lungo tutto il suo arco, proprio sulla cima, una fila di alberi distanti tra loro pochi metri. Si vedono sorgere dalla terra, salire col fusto, le braccia dei rami, il tremolio delle foglie e il cielo è intrecciato a loro sin dalle radici, tra i fusti, i rami, le foglie. E' come se il celeste conversasse con le piante, in intimità, e intanto si eleva maestoso.

30.3.11

La Storia (incipit 32)

La Storia di Elsa Morante, pubblicato da Einaudi nel 1974.

Un giorno di gennaio dell'anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomergiio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Erano circa le due del dopopranzo, e a quell'ora, come d'uso, poca gente circolava per le strade. Nessuno dei passanti, poi, guardava il soldato, perché i Tedeschi, pure se camerati degli Italiani nella corrente guerra mondiale, non erano popolari in certe periferie proletarie. Né il soldato si distingueva dagli altri della sua serie: alto, biondino, col solito portamento di fanatismo disciplinare, e, specie nella posizione del berretto, una conforme dichiarazione provocatoria.

29.3.11

Cinque formiche sono più di quattro elefanti


Cominciano oggi al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma i laboratori per giocare con la matematica, rivolti ai bambini dai 6 ai 10 anni

un’idea di Sabina de Tommasi
con Patrizia Di Fabrizio, Perla Moriggi, Fiona Sansone, Eugenio Spagnol, Massimo Talone

Il titolo del laboratorio è preso in prestito da una fortunata e divertente trasmissione per bambini realizzata dalla TV svedese negli anni Settanta.
Perché certo se cinque formicuzze piccole piccole siano più o meno di quattro grossi elefanti è un bel dilemma….
Questo laboratorio non è per imparare la matematica, né la geometria; non è per i secchioni; né per quelli che la matematica proprio non la digeriscono.
E’ invece una occasione per giocare.
E scoprire per esempio la storia di Eratostene di Cirene; imparare a contare con le dita come fanno altri popoli; costruire quadrati magici e tangram colorati.

Consulta qui il calendario dei laboratori che si svolgeranno a TBQ e al Teatro Tor Bella Monaca
ingresso libero con prenotazione obbligatoria

28.3.11

La scoperta dell'alfabeto (incipit 31)

copertina A. Berti
La scoperta dell'alfabeto di Luigi Malerba, pubblicato nel 1963. Ora Monte Università Parma editore.

Al tramonto Ambanelli smetteva di lavorare e andava a sedersi con il figlio del padrone perché voleva imparare a leggere e a scrivere.
<<Cominciamo dall'alfabeto.>> disse il ragazzo che aveva undici anni.
<<Cominciamo dall'alfabeto.>>
<<Prima di tutto la A.>>
<<A>> disse paziente Ambanelli.
<<Poi c'è la B.>>
<<Perché prima e dopo?>> domandò Ambanelli.
Questo il figlio del padrone non lo sapeva.
<<Le hanno messe in ordine così, ma voi le potete adoperare come volete.>>

27.3.11

Io, la rivoluzione e il babbo (incipit 30)

Io, la rivoluzione e il babbo. Diario del sessantotto di Daniele Cini, pubblicato da Voland nel 2004.

Tirava un vento fortissimo ma non vedevo l'ora di uscire. C'era qualcosa di magnetico e frizzante che mi riempiva di desiderio e non mi lasciava in pace.
Non credo di avere mai più provato quella sensazione. Era il marzo del 1968 e io non avevo ancora compiuto tredici anni.

26.3.11

Il Manifesto di Ventotene (incipit 29)

Il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. Prefazione di Eugenio Colorni. Celid ed.
Il Manifesto è del 1944.

La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l'uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli aspetti della vita sociale, che non lo rispettassero.
1°) Si è affermato l'eguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti. Ogni popolo, individuato dalle sue caratteristiche  etniche, geografiche, linguistiche e storiche, doveva trovare nell'organismo statale creato per proprio conto, secondo la sua particolare concezione vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore i suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo.

25.3.11

La mia casa è dove sono (incipit 28)

foto A. Boriello
La mia casa è dove sono di Igiaba Scego, pubblicato da Rizzoli nel 2010.

Sheeko sheeko sheeko xariir...
Storia storia oh storia storia di seta...
Così cominciano tutte le fiabe somale. Tutte quelle che mia madre mi raccontava da piccola. Fiabe splatter per lo più. Fiabe tarantinate di un mondo nomade che non badava a merletti e crinoline. Fiabe più dure di una cassapanca di cedro.

24.3.11

Marcovaldo (incipit 27)

Marcovaldo di Italo Calvino, pubblicato dall'editore Einaudi nel 1963 in una collana di libri per ragazzi. Ora in edizione Mondadori.

Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati da fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre.
Un giorno, sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore, e ci germinarono i funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram.

23.3.11

Il bel tempo che fu (incipit 26)

Il bel tempo che fu. Piccolo dizionario personale in disuso, di Luigi Ceccarelli.
Nel gennaio 2008 Luigi Ceccarelli diede alle stampe questo bel volumetto. Era un regalo per gli amici in occasione del suo ottantesimo compleanno.

Nella prefazione scriveva:
Ci sono parole, espressioni, modi di dire, esclamazioni, che non si sentono più. Nessuno più le pronuncia. Sono ormai in disuso, sono cose morte. Eppure se ti si dà il caso di risentirle, molte di queste hanno il potere magico di evocare qualcosa che rimugina subito nella memoria: impressioni tutte lontane, ma tutte perfettamente vive.
Si mette in moto quella personale macchina del tempo che ci porta a spasso dove vogliamo, o, qualche volta, dove vuole lei. Riappaiono ancora situazioni, comportamenti, ricordi scolastici, fatterelli della spensierata adolescenza, assurde spiritosaggini, incancellabili e drammatici periodi bellici e post bellici, il lavoro, il tran tran della vita quotidiana, eccetera.
E in mezzo a quest'eccetera sta tutta la nostra vita.

Puoi leggere tutto il volumetto cliccando qui.