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Silvia Cruciani intreccia la challà. foto Valeria Osti Guerazzi |
Si prende un uovo (preferibilmente fresco), lo si mescola con un cucchiaio di sale, aggiungete un cucchiaio e mezzo di zucchero e tre cucchiai d'olio (extravergine d'oliva). Aggiungete il lievito stemperato in mezzo bicchiere d'acqua tiepida (non bollente sennò uccidete i fermenti e cuocete l'uovo) e farina quanta ne prende.
E quanta ne prende? La quantità esatta è indeterminabile. Solo l'esperienza può dare quella sensibilità al tatto di quando si è raggiunta la consistenza ideale. (...) La pasta deve risultare molle ed aver appena smesso di attaccarsi alle mani. Piacevole da manipolare. (...)
Quando intrecciate siete veramente il tramite della gioia che si fa pane (immaginatevi come un inno di Beethovenche accompagna le portate nel giorno di riposo). Ricordate: la challà è una treccia perché simboleggia il serto nuziale. Ogni giorno rinnovate la gioia di quel giorno nel pane che voi fate. (...) La treccia va fatta su tre cordoli e conclusa con quello centrale sotto i due laterali. (...)
Il pane richiede d'essere d'esser lucidato e spennellato col rosso d'uovo. (...)
Da ultimo: distribuite in maniera uniforme dei semi di papavero (o di sesamo) sulle due trecce, ed infornate....."
Questo brano è tratto dal bel libro di Sandra Di Segni L'EBRAISMO VIEN MANGIANDO, Editrice La Giuntina.
Lì scoprirete perché le challòth sono sempre due...
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Silvia Cruciani spennella il rosso d'uovo sulle challòth. foto Valeria Osti Guerrazzi |