29.11.11

Majdda

il pane è fatto da Roberto Spagnol
foto Valeria Osti Guerrazzi



La lettura di  Un filo d'olio mi ha intrigato e mi sono messa a cercare in rete una majdda. Come è fatta? Si usa ancora?
Mi sono imbattuta in Daniele Russo, un artigiano di Giarre (Catania) che costruisce buona parte degli attrezzi tradizionali che tuttora si utilizzano nei forni a legna dei panifici e delle pizzerie. Ad esempio le scope di palma nana per la pulizia del forno, le pale di legno per il pane, i setacci in legno per la farina, i mattarelli, le spianatoie ...
E così ho comprato una maida. In pochi giorni è arrivata.
Daniele mi ha spiegato che il tipo di legno utilizzato (faggio evaporato), lo spessore del legno, e la tecnica di costruzione (sigillatura ed incastro) sono quelle tradizionali per realizzare una maida come una volta e senza difetti.
E' stata unta di olio di oliva e dopo un paio di giorni messa in uso, per fare il pane con lievito madre.
Il lievito ricevuto in dono più di anno fa durante il corso di panificatori urbani organizzato dalla Casa del Cibo di Roma.

foto Valeria Osti Guerrazzi

Daniele Russo lo potete contattare via mail daniele.rus@libero.it, oppure tel. 340.066.47.99
sdt

25.11.11

Fulka (phulka), di Venus Upadhayaya

L'amica Laura Di Nitto ci ha mandato questo racconto sulle fulka (phulka), che sono un tipo di chapati del nord dell'India.

Il sole sorge dal davanzale della finestra. Piccoli frutti ancora acerbi ciondolano sull’albero di mango centenario. Tayi (la moglie dello zio) è seduta accanto alla stufa accesa. E’ lei la cuoca a capo della cucina del grande clan.
Sono le sette del mattino e i bambini di Baddhu, un villaggio in cima ad una collina sulla catena dell’Himalaya, nel distretto del Jammu Kashmir, si sono appena svegliati. Prima di tutti, Tinu e Binu. Binu ha tanta fame. Tutte e due, ancora in pigiama, entrano nella grande cucina dove il fuoco è stato appena acceso dallo zio. Stropicciandosi gli occhi, regalano un bel sorriso di buongiorno alla zia Tayi. Tayi sa che hanno tanta fame, ma non è ancora il momento di gustare le fulka appena cotte con la panna fresca e lo zucchero: Tinu e Binu devono aspettare il loro turno. Adesso è ora di preparare una fulka piccola piccola per la formica, una un po’ più grande per il corvo, poi per il cane ed infine per la mucca.
Tayi comincia sempre la giornata dando da mangiare alla formica, al corvo, al cane e alla mucca. Crede che sia giusto nutrire le altre creature prima di prendere noi del cibo. E’ un modo per offrire il nostro rispetto e la nostra gratitudine alla natura da cui riceviamo nutrimento. E, dopo tutto, è anche un modo per tenere lontane le altre creature dalla cucina!
Binu si accarezza la pancia mentre guarda la tawa, la piastra su cui si cucinano le fulka. C’è una fulka piccola piccola per la formica sulla tawa. Accanto a questa, altre due fulka; una grande come una pallina da ping-pong per il corvo e un’altra un po’ più grande, come le guanciotte di un bimbo, per il cane. Poi è il turno della mucca. La mucca ha una pancia grandissima e per lei ci vuole una fulka grande come una palla per giocare! 
Tayi adesso finalmente ha finito di cucinare le fulka per la formica, il corvo, il cane e la mucca! Binu e Tinu l’accompagnano fuori nell’orto, alla collina della formica. Tayi posa dolcemente la fulka piccola piccola accanto alla collina, poi lancia sul tetto la fulka un po’ più grande per il corvo. Poi si avvia, seguita da Binu e Tinu, verso l’albero di mango, al quale sono legati Lucky, il cane, e Lakshmi, la mucca. Lucky comincia subito ad abbaiare e a scodinzolare quando la vede arrivare…
Dopo aver dato la fulka a Lucky, tutti e tre vanno dalla mucca Lakshmi e arrivano proprio mentre sta allattando il suo vitellino a cui lecca la codina con dolcezza. A Binu pare proprio che quel vitellino somigli a quello che ha visto tante volte accanto a baby Krishna in un vecchio quadro nel tempio di famiglia.
Lakshmi guarda Binu e Tinu avvicinarsi. I suoi grandi occhi brillano di amore materno. Il vitellino continua a succhiare il latte dalla mamma. Binu porge a Lakshmi quell’ultima fulka grande grande. Lakshmi la mangia in un’istante e con la lingua ruvida lecca la manina di Binu e le fa il solletico fino a farla ridere. Anche Tinu ride a crepapelle…heheheh ohohohohoh
Adesso la zia Tayi le manda a lavarsi mani e denti, altrimenti, niente fulka!
E finalmente, ora tocca a loro: fulka ben calde ripiene di panna fresca del latte di Lakshmi e tanto tanto zucchero dolcissimo. Binu e Tinu lo chiamano Pookani (pron. Puknì): rotolino!

Basato sui ricordi della mia infanzia nel villaggio da cui provengo.
Venus Upadhayaya
adattamento Laura Di Nitto


Venus Upadhayaya, Laura Di Nitto © tutti i diritti riservati

17.11.11

La famiata di Rosalia, di Simonetta Agnello Hornby

"Fare il pane era un lavoro di gruppo faticoso, ed era <<cosa>> di donne. Ciascuna madre panificava per il proprio nucleo familiare - a turno e in giorni diversi -, ma tutte le altre, dalle anziane alle bimbe, erano pronte ad aiutare.(...)
Rosalia ci pemetteva di assistere alla famiata a condizione che non disturbassimo. La sera prima andavamo a casa sua per il primo stadio della panificazione. Con fare solenne, prendeva dalla madia una pagnottella di pasta lievitata della settimana precedente, la livatina, che aveva lasciato a seccare. Noi, tutte comprese, la guardavamo togliere con decisione la crosta esterna rivelando all'interno la pasta giallo paglierino e spugnosa, trasformata in lievito; quando ce la faceva annusare, aveva un odore dolce-salato. Poi Rosalia la lavorava in una piccola majdda - un recipiente di legno rettangolare dai lati alti e svasati - dove aveva sparso un po' di farina e uno spruzzo di sale, per far uscire aria e gas; dopo di che, la lasciava riposare. Nel frattempo, versava nella majdda due chili di farina, formandovi al centro una conca; quindi, vi aggiungeva la livatina sciolta nell'acqua tiepida e impastava. Il lievito così ottenuto, 'u crescenti, avrebbe riposato fino al mattino seguente e poi sarebbe stato aggiunto alla farina per il pane della settimana."

Questo è un brano del bel libro UN FILO D'OLIO di Simonetta Agnello Hornby, di recente pubblicato dall'editore Sellerio, e giunto già alla settima edizione.
L'autrice lo definisce in una intervista "una autobiografia delle mie estati in Sicilia fino ai 14 anni, in cui accludo le ricette di mia sorella Chiara, ispirate a quelle di nonna Maria. Un libro dei miei ricordi e delle ricette, di quello che si mangiava allora. Della vita in Sicilia d'estate in una casa di campagna...."
Puoi vedere la video intervista integrale a Simonetta Agnello Hornby cliccando qui

Questo libro mi è piaciuto molto, e ho cominciato a regalarlo.
Consiglio di comprarlo o prenderlo in prestito in biblioteca, leggerlo, regalarlo, ed eventualmente tenerlo in cucina, dove nel preparare le ricette che ci sono si macchierà un po' di olio, pomodoro... e va bene così...
sdt

12.11.11

Challà, pane del Sabato della tradizione ebraica

Silvia Cruciani intreccia la challà.
foto Valeria Osti Guerazzi


"(...) subito un dilemma: usiamo l'impastatrice automatica, o seguiamo la tradizione della nonna impastando a mano e insozzando mani e cucina? Un istinto irrefrenabile porterebbe a optare per questa seconda opzione: la tradizione è tradizione e aborrisce l'innovazione in ogni sua forma, salvo poi a ripensare sui vantaggi indotti dalle diavolerie moderne. (...) Qui adotteremo una soluzione mista, che, come tutti i compromessi ha del bene e del male per ciascuno. Quindi: impastiamo nel robot e poi, quando la pasta ha la consistenza del didò si manipola a lungo manualmente, con grande soddisfazione e poco intruglio. E abbiamo messo d'accordo innovazione e tradizione, come del resto i rabbini insegnano fin dai tempi antichi (secondo la massima <<si prende il bene dovunque si può>>).
Si prende un uovo (preferibilmente fresco), lo si mescola con un cucchiaio di sale, aggiungete un cucchiaio e mezzo di zucchero e tre cucchiai d'olio (extravergine d'oliva). Aggiungete il lievito stemperato in mezzo bicchiere d'acqua tiepida (non bollente sennò uccidete i fermenti e cuocete l'uovo) e farina quanta ne prende.
E quanta ne prende? La quantità esatta è indeterminabile. Solo l'esperienza può dare quella sensibilità al tatto di quando si è raggiunta la consistenza ideale. (...) La pasta deve risultare molle ed aver appena smesso di attaccarsi alle mani. Piacevole da manipolare. (...)
Quando intrecciate siete veramente il tramite della gioia che si fa pane (immaginatevi come un inno di Beethovenche accompagna le portate nel giorno di riposo). Ricordate: la challà è una treccia perché simboleggia il serto nuziale. Ogni giorno rinnovate la gioia di quel giorno nel pane che voi fate. (...) La treccia va fatta su tre cordoli e conclusa con quello centrale sotto i due laterali. (...)
Il pane richiede d'essere d'esser lucidato e spennellato col rosso d'uovo. (...)
Da ultimo: distribuite in maniera uniforme dei semi di papavero (o di sesamo) sulle due trecce, ed infornate....."
Questo brano è tratto dal bel libro di Sandra Di Segni L'EBRAISMO VIEN MANGIANDO, Editrice La Giuntina.
Lì scoprirete perché le challòth sono sempre due...

Silvia Cruciani spennella il rosso d'uovo sulle challòth.
foto Valeria Osti Guerrazzi

8.11.11

cum panis

il pane è fatto da Lorella Taddei
della Caffetteria Marino Marini di Pistoia
foto Valeria Osti Guerrazzi


CUM PANIS
un'idea di Sabina de Tommasi, realizzata dall'Associazione Ersilio M.
un laboratorio per bambini dai 5 anni, accompagnati dai genitori

Pane alimento primario. Essenziale in tutte le culture, in tutte le latitudini, in tutte le religioni.
Pane secco da portare su in alta montagna, oppure nelle lunghe notti sul mare dei pescatori, gallette portate in guerra nel tascapane, pane bianco raffinato e morbido, pane croccante che odora di forno e di legna, pane di plastica finto come il pane del mcdonald, pagnotte grandi e pesanti, panini piccoli piccoli come bocconcini, pane raffermo...
Per un tozzo di pane si fanno le guerre.
Ma un tozzo di pane si divide con gli amici, e i nemici.
Un tozzo di pane nutre, accomuna, rende compari (di scampagnate) e compagni (di vita).
Tante sono le storie e le leggende intorno al pane.
Le racconteremo e le condivideremo dopo aver impastato, nel tempo necessario alla lievitazione.
Perché alla fine ognuno abbia un tozzo di pane caldo.....

bibliografia minima
Simonetta Agnello Hornby  Un filo d'olio, Sellerio editore Palermo
Rossella Barletta e Maria Rosaria De Lumè  Grano & pane salentino, Edizioni del Grifo
Enzo Bianchi  Il pane di ieri, Einaudi
Sandra Di Segni  L'ebraismo vien mangiando, Giuntina
Predrag Matvejević  Pane nostro, Garzanti
Alessandra Meldolesi  Il libro del pane, Ponte alle Grazie
Giusi Quarenghi e Alessandra Mastrangelo  Fame di pane, Slow Food editore

Il laboratorio si terrà al Teatro Tor Bella Monaca di Roma, date da definire.
Conducono Elena Chiattelli, Sabina de Tommasi, Eugenio Spagnol.
Fotografa Valeria Osti Guerrazzi.
Ingresso libero con prenotazione obbligatoria.

E' correlato al laboratorio ORTOVI  ideato da Cassiopea Teatro.